Come trovare i migliori hashtag per i tuoi social

Hai scelto l’immagine, hai deciso il copy… e adesso? Prima di pubblicare sui social è fondamentale avere una strategia – e non solo a livello macro. È importantissimo, infatti, avere una strategia e delle linee guida anche per quanto riguarda la scelta degli hashtag. Non sceglierli MAI A CASO! Lo dico perché sono molti a seguire l’istinto.

Certo, è importante che ci siano degli hashtag riferiti al tema del post, ma questo non significa scegliere delle parole a sentimento solo perché sono le prime che ci sono venute in mente. Gli hashtag, infatti, servono a canalizzare i contenuti e a classificarli, in modo da essere trovati più facilmente dagli utenti che condividono un interesse verso il tema trattato nel post.

Per prima cosa: DOVE utilizzarli. Anche se alcuni li utilizzano ancora, su Facebook gli hashtag non servono sostanzialmente a NIENTE. A meno che tu non stia scrivendo un post su un argomento di tendenza – di solito sono tematiche di attualità – nessuno cerca o segue gli hashtag su FB. Evitali, soprattutto perché ti fanno sembrare un po’ old style.

Seconda cosa: QUANTI. Creare dei muri di hashtag è controproducente, anche perché spesso l’algoritmo di Instagram penalizza l’utilizzo eccessivo. Scegline al massimo una quindicina e punta soprattutto sulla qualità e l’originalità di ciò che posti.

Come sceglierli?

  • spia la concorrenza
  • monitora i post che hanno ottenuto più successo (sia tuoi che dei competitor)
  • scopri gli hashtag utilizzati dalla tua community
  • sfrutta la barra di ricerca di Instagram per i correlati

Controllare cosa fanno i competitor fa parte del gioco. Guarda quali hashtag utilizzano, monitora i post che hanno ottenuto più risultati e prenditi un po’ di tempo sia per guardare i post dei tuoi follower, sia per utilizzare la barra di ricerca e vedere cosa ti suggerisce Instagram stesso.

Se il tuo post parla di abbigliamento da donna, puoi scrivere questo hashtag e vedere quelli correlati: pensa anche ai sinonimi, ai dettagli rappresentati e utilizza sia le parole italiane che quelle inglesi.

 Una delle regole basilari, però, rimane quella di scegliere gli hashtag in base al volume di contenuti collegati. Anche se la cosa migliore da fare sembra quella di utilizzare quelli con un volume altissimo, in realtà è proprio il CONTRARIO.

Quel numerino sotto gli hashtag nella barra di ricerca, infatti, più è alto e più contenuti gli sono collegati: la concorrenza sarà elevatissima. A meno che tu non abbia un contenuto SUPER ORIGINALE, meglio evitare i grandi numeri, perché potresti finire nel marasma di post pubblicati da milioni di utenti.

Allo stesso modo è vero il contrario. Gli hashtag a bassa densità sono cercati da pochi utenti, quindi ha poco senso utilizzarli. Come fare allora? Gli antichi romani dicevano “modus in rebus”, ovvero ci vuole la giusta misura. Evita gli hashtag con più di 1 milione di post così come quelli sotto i 100.

La formula migliore è mischiare hashtag diversi con volumi diversi: ad esempio, se scegli di inserire 15 hashtag, potresti inserirne 5 con volumi altissimi, 5 con volumi medi e 5 con volumi medio-bassi. In questo modo avrai più possibilità di finire in esplora e di intercettare un pubblico interessato ai tuoi contenuti.

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I Reel arrivano anche su Facebook: ecco come sfruttarli

Dopo il grande successo di Instagram, i reel arrivano anche sul social media più utilizzato al mondo. Brevi video con una durata massima di 60 secondi a cui aggiungere stickers, porzioni di testo, musica e così via.

La cosa più interessante è l’annuncio di Meta riguardo l’intenzione di introdurre, nelle prossime settimane, nuove soluzioni per monetizzare grazie ai reel, come la possibilità di inserire banner e annunci tra un video e l’altro. Oltre a questo, molto utile per i creator, i reel sono anche un potente strumento di branding: ti permettono, infatti, di ottenere una copertura molto superiore a quella di post e storie e si possono utilizzare con diversi obiettivi.

La loro grande potenzialità è quella di aprire le porte del tuo profilo, far conoscere i tuoi contenuti e quindi aumentare anche la platea di utenti che ti seguono.

Sì, perché a differenza dei classici post, i reel su Facebook sono visibili a tutti, non solo agli amici: gli utenti avranno, quindi, la possibilità di scoprirli in base agli interessi e ai trend nella parte superiore della sezione Notizie (accanto a Storie e Stanze) o in una nuova sezione dedicata sempre alle notizie.

Cosa pubblicare? Il consiglio è quello di rimanere fedeli al proprio piano editoriale, cercando di produrre contenuti di valore che facciano sorridere o semplicemente incuriosire gli utenti. Ricordati che le persone trascorrono il tempo sui social per divertirsi/rilassarsi/distrarsi e non per essere riempiti di pubblicità o contenuti che mirano alla vendita.

Quindi cerca di essere originale, qualche reel in più non ti farà fare il pieno di conversioni, ma è un ottimo strumento da integrare in una strategia a lungo termine che mira a costruire e rafforzare il tuo brand.

In questo articolo ti abbiamo spiegato come creare un reel su Instagram, ora vediamo come farlo su Facebook. Ti basta aprire l’app e fare tap sull’icona “Reel” che si trova nell’header dell’interfaccia, sotto lo spazio per scrivere il proprio stato. Si può registrare il video in diretta grazie alla videocamera dello smartphone, oppure caricarne uno già esistente direttamente dalla galleria.

Si possono poi aggiungere tanti effetti: sottotitoli, filtri, musiche e suoni. Una volta terminato, basta selezionare la voce “Condividi”, compilare la descrizione, aggiungere gli hashtag e impostare la privacy del video, scegliendo il pubblico.

Inoltre, puoi utilizzare i Remix per affiancare il tuo reel accanto a uno già esistente e pubblicato in precedenza, puoi salvare il tuo reel nelle bozze e riprenderlo in un secondo momento. Infine, è previsto il debutto di nuovi strumenti di video clipping.

Su Instagram hanno già conquistato gli utenti di tutto il mondo, chissà se sarà così anche con i Facebook reels!

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neuromarketing
Trucchi di neuromarketing: come guidare l’utente alla conversione
L’occhio vuole la sua parte

il 90% degli stimoli che ci arrivano provengono dagli occhi e hanno una velocità di elaborazione di meno di un decimo di secondo.

Sì, siamo una specie “visually oriented” e questo significa che un’immagine raggiunge il centro del cervello prima ancora di aver iniziato a pensarci.

Il linguaggio visivo, quindi, è lo strumento migliore per comunicare con quello che i neuroscienziati definiscono cervello veloce, ovvero quello deputato a gestire la maggior parte dei nostri processi intellettivi e decisionali.

Che implicazioni ha questo per il marketing? Ce lo siamo chiesti anche noi e oggi proveremo a capirlo insieme.

Se gli stimoli visivi sono i primi e ad essere recepiti, significa che dobbiamo comunicare per immagini. E non solo: il design, i colori, la disposizione delle figure nello spazio e altri elementi grafici diventano fondamentali per catturare l’attenzione, orientare l’utente a compiere l’azione che vogliamo e per cui stiamo investendo tempo e budget.

La regola del contrasto

Forse la più semplice, ma non la meno importante. Per percepire un oggetto, è necessario che si crei una qualche forma di contrasto tra lo sfondo e l’oggetto stesso. Intuitivamente, infatti, non possiamo vedere una forma bianca su sfondo bianco, cominceremo però a percepirla se cominciamo a scurirla. Questa regola è utile soprattutto quando inseriamo una scritta all’interno di un’immagine e alcuni caratteri di colori simili allo sfondo potrebbero diventare poco leggibili.

L’effetto cucciolo

Utilizzare immagini di bambini, neonati o di cuccioli è molto efficace perché genera istintivamente sentimenti di tenerezza.

Analizzando le differenze nella comunicazione tra due marche di carta igienica, fu Robert Heath a scoprire che la presenza di un cucciolo di Labrador nella pubblicità spiegava la differenza nelle vendite tra i due brand.

Frecce, punte, curve, simmetrie e quadrati

Siamo maggiormente attratti dalle linee curve che da quelle dritte o dalle forme squadrate, e troviamo più piacevole una figura simmetrica rispetto a una totalmente priva di proporzioni armoniche. Ad esempio, in un ristorante affollato, i tavoli quadrati suggeriscono professionalità, mentre in uno poco affollato si preferiscono i tavoli rotondi, perché evocano una sensazione di calore e accoglienza.

Fondamentali anche le punte e le frecce, che indicano la direzione in cui vogliamo che l’utente guardi.

Regola della direzione dello sguardo

Utilizzare immagini di persone e di volti è molto efficace, in quanto il nostro cervello ne è attratto. In particolare, sono gli occhi a catturare l’attenzione e un modo per sfruttare questa “attrazione” è quello di direzionare lo sguardo del volto verso l’elemento su cui vogliamo che l’utente guardi all’interno dell’immagine.

Carico cognitivo nella immagini

Come nel caso dei testi, anche per le immagini esiste un problema di carico cognitivo. Più sono piene di elementi, più il nostro cervello fatica a decodificarle perché non sa dove concentrare lo sguardo, e quindi l’attenzione. Altri fattori che incidono sul carico cognitivo sono la nitidezza, l’adeguatezza dello sfondo e il contesto. Più un’immagine è chiara, nitida e semplice, più la sua potenza evocativa aumenta.

I colori

Anche i colori sono fondamentali: mentre le tonalità calde come il rosso sono molto utilizzate per attirare l’attenzione (pensate alle scritte saldi), i colori freddi come il blu comunicano professionalità e fiducia.

Verdi e gialli trasmettono sicurezza e tranquillità, ma bisogna sempre fare attenzione sia al contesto in cui ci stiamo muovendo, sia alla brand identity del nostro marchio, che deve essere sempre ben riconoscibile.

Salienza

Il problema dei pubblicitari è non solo attirare l’attenzione, ma anche fare ricordare il messaggio. I fattori che influenzano la salienza sono diversi, ma due sono fondamentali:

l’attenzione viene attirata da particolari che, in qualche modo, risaltano e si distinguono dallo sfondo, ad esempio una mela rossa su sfondo grigio, o un soggetto in movimento tra oggetti fermi;

il secondo fattore chiave che attira l’attenzione è la presenza di piccole incongruenze rispetto a uno schema mentale conosciuto.

A livello grafico, sotto questo profilo si può lavorare non solo sul contrasto cromatico, ma anche sulle forme e le dimensioni dei vari elementi che compongono un’immagine, sulla loro densità e movimento.

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